V' Rapporto di Antigone sugli Istituti Penali per i Minorenni “Guarire i ciliegi”
V ‘ Rapporto di Antigone
sugli Istituti Penali per i Minorenni “Guarire i ciliegi”
presentato a Roma lo scorso 21 febbraio
http://www.ragazzidentro.it/
Un modello di detenzione che potrà – come altre volte accaduto per la giustizia minorile – allargarsi e imporsi anche nel sistema degli adulti. Come scrive la stessa Associazione Antigone nel suo comunicato, questo rapporto è frutto del monitoraggio diretto delle carceri minorili da parte degli osservatori dell’associazione, autorizzati dal Ministero della Giustizia a visitare tutti gli istituti di pena italiani e a utilizzare videocamere per filmare gli spazi interni e per intervistare detenuti e operatori. Il Rapporto si compone di schede relative ai singoli Istituti Penali per Minorenni, di approfondimenti su aspetti tematici del sistema e di materiale video. Emerge una tenuta culturale di fondo della giustizia penale minorile in Italia, capace di residualizzare la risposta carceraria e di prendere in carico i ragazzi con una pluralità di strumenti. Gli IPM ospitavano al febbraio scorso poco più di 370 ragazzi, a fronte dei circa 13.000 che sono in carico al sistema. Un minimo storico. Oggi il numero dei ragazzi detenuti è ulteriormente sceso a 298 a causa dell’emergenza sanitaria in corso. Ma negli ultimi decenni raramente il numero è salito sopra le 500 unità. Il sistema variegato di quelle alternative (tra cui rilevano la messa alla prova e il sistema delle comunità) che il codice di procedura penale minorile del 1988 mette a disposizione del giudice continua a funzionare. Il 72% dei ragazzi entrati in carcere nel 2019 ha fatto ingresso per custodia cautelare. La permanenza media è stata di soli 102 giorni. Il sistema cerca presto di trovare alternative. Purtroppo ci riesce più difficilmente con i meno garantiti, come si vede dal fatto che, se il 70% dei delitti commessi da minori è commesso da italiani, questi sono però solo il 57,1% dei giovani in carcere. Se inoltre a metà marzo la percentuale degli stranieri reclusi era pari al 44,3% del totale, un mese dopo era salita addirittura al 49%, dimostrando come anche di fronte alla crisi sanitaria gli stranieri hanno potuto beneficiare in misura inferiore di collocazioni alternative al carcere. Alla metà di aprile non si contava alcuna persona positiva al Covid-19 tra i ragazzi reclusi negli IPM né tra quelli ospitati dalle Comunità. Vi erano invece tre persone contagiate tra agenti e altri componenti del personale. Le carceri minorili in Italia sono oggi 17 e hanno caratteristiche e dimensioni diverse tra loro. Quello con più presenze è Nisida, con 45 detenuti al 15 gennaio scorso, mentre alla stessa data Caltanissetta ne ospitava 3. Ancora al 15 gennaio erano nel complesso detenute 23 ragazze, 12 delle quali a Pontremoli, il solo IPM interamente femminile d’Italia. I maggiorenni rappresentavano il 57,6% delle presenze totali (la legge prevede che chi ha compiuto il resto da minorenne possa permanere nel sistema penale minorile fino al compimento dei 25 anni). Da poco più di un anno esiste un ordinamento specifico per le carceri minorili. Il monitoraggio di Antigone ha verificato la sua applicazione. In molti aspetti la prassi era andata più veloce della norma e tante disposizioni che si ritrovano nel decreto del 2018 erano già applicate con naturalezza dagli operatori penitenziari. Come si legge nel Rapporto, la presa in carico empatica e individualizzata disciplinata dalle nuove norme al fine di predisporre un piano di intervento educativo per il ragazzo era una pratica consolidata da tempo. In altre disposizioni si è invece più indietro. Oggi l’ampliamento dell’area delle misure alternative e le nuove regole di gestione interna delle carceri costituiscono una grande occasione per l’intero sistema. Di questo si è discusso, durante la presentazione del Rapporto di Antigone, con il Capo del Dipartimento della Giustizia Minorile Gemma Tuccillo. Oltre a continuare nel percorso di residualizzazione del carcere, si deve puntare a interpretare la nuova legge nella maniera più ampia possibile, disegnando un modello di detenzione che potrà – come altre volte accaduto per la giustizia minorile – allargarsi e imporsi anche nel sistema degli adulti. Si può adesso finalmente guardare alla vita in IPM come a quella di una casa-famiglia, dove i ragazzi gestiscono la propria esistenza in un’ottica di massima responsabilizzazione, dove ci si apre al territorio circostante frequentando scuole e corsi di formazione all’esterno nonché restando immersi nel tessuto famigliare e affettivo. Un carcere rivoluzionario e possibile.